Nonostante la ridotta superficie, l’Islanda rappresenta uno degli stati europei con la più alta variabilità di aspetti ambientali, grazie alle sue caratteristiche geografiche e morfologiche.

Innanzitutto il clima, costituito essenzialmente da due “principali” stagioni, ovvero una breve estate, generalmente da giugno ad agosto, e un lungo inverno da ottobre ad aprile. Particolarità essenziale sono le temperature dell’Islanda, generalmente miti, ma che durante le giornate possono subire elevati sbalzi, soprattutto nel passaggio da giorno a notte.

Altra particolarità del territorio islandese è la diffusa presenza di vulcani di origine sottomarina. Ma perché in Islanda sono presenti così tanti vulcani, perlopiù molti dei quali attivi? La risposta sta nella posizione geografica/morfologica dell’isola: estendendosi tra due placche (euroasiatica e nordamericana) che pian piano si stanno separando, gli effetti di questo allontanamento sono la risalita di lave di tipo basaltico e la formazione di nuovo fondale oceanico. La risalita di lava genera così un vulcano.

Elemento che invece preoccupa il futuro dell’Islanda è l’innalzamento delle temperature medie del Pianeta. La conseguenza principale sull’isola è il ritiro di enormi superfici di ghiaccio e la “comparsa” di vaste aree pianeggianti, valli e lagune dove addirittura è divenuto possibile coltivare il grano.

Tra gli aspetti ambientali più evidenti in Islanda, l’autosufficienza in termini di energia rinnovabile è sicuramente il principale: l’energia geotermica (dovuta al “calore” proveniente dal sottosuolo), utilizzata sapientemente, riesce a soddisfare completamente i fabbisogni energetici del paese.

Nell’ambito del settore geotermico, si sono così sviluppate diverse innovazioni di tipo tecnologico, per ottimizzare ancor più l’utilizzo di questa fonte di energia. Tra i tanti possiamo citare il progetto di “impianto energetico a carbonio negativo”, che grazie ad un macchinario installato nelle vicinanze di una centrale geotermica, può essere capace di catturare le piccole emissioni di anidride carbonica, generate naturalmente, imprigionandole in rocce basaltiche formando così nuove formazioni minerali.

L’altro esperimento è il cosiddetto IceLink, un elettrodotto che dovrebbe collegare l’Islanda al Regno Unito, portando così l’energia geotermica attraverso un particolare cavo, dal sottosuolo islandese al territorio britannico.

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