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  • Kathmandu, Nepal – Pokhara, Nepal

  • 1 grado di separazione

Il viaggio per Pohkara da Kathmandu prevede sei ore di autobus e vista la mia passione per i viaggi con mezzi locali, potevo forse esimermi? Chiaro che no! Mi alzo all’alba e alle 7:00 sono già alla fermata: non c’è nulla che non mi piaccia come arrivare in una città sconosciuta la notte e non voglio correre il rischio.

Come già in Sri Lanka, esistono autobus grandi e piccoli van, i prezzi sono leggermente più alti per questi ultimi ma teoricamente dovrebbero essere più veloci così prendo il primo che mi conferma andare nella mia direzione. Peccato che, al solito, il mio essere una bianca turista implica il non esser informata di tutto e godere di prezzi più alti così, nonostante avessi confermato il prezzo e la destinazione, qualche ora dopo mi ritrovo con il ragazzo dei biglietti che cerca di farmi pagare di più e mi fa cambiare autobus non appena il van prende la deviazione per una strada diversa. È sempre così faticoso essere una ragazza bianca e questa cosa mi innervosisce terribilmente.

Con il secondo autobus faccio qualche chilometro ma ecco che mi fanno scendere di nuovo e cambiare per prenderne un terzo. Per fortuna trovo sempre posto a sedere, almeno quello! Proprio su quest’ultimo mi addormento, mi cade la testa dritta sullo spigolo della finestra e mi taglio la fronte. Che danno che sono, fortuna ho con me il disinfettante per le mani e me lo metto sulla ferita che “non si sa mai”.

Pokhara: dove dormire

Arrivo a Pokhara in piena crisi con la banca che mi ha bloccato la carta di credito, il call center che mi fa richiamare tre volte con tre codici diversi per poi dirmi che non possono aiutarmi perché sono in fusione con un’altra società e i terminali sono bloccati fino a lunedì. Troppo stress tutto insieme e voglio solo trovar una stanza, lasciare lo zaino e iniziar a passeggiare. Prendo l’ultimo dei quattro autobus e dopo otto ore di viaggio finalmente vedo il lago e posso iniziar la mia ricerca di un posto dove passare la notte.

Cammino sulla strada principale e trovo un hotel con un paio di impalcature davanti, “Unicorn” recita l’insegna: potevo non entrare a chiedere il prezzo? Il cortile e un po’ tutta la struttura sono in costruzione ma poco oltre la soglia incontro la proprietaria che mi conferma di aver una stanza libera. È bella, pulita, con il wifi e mi costa circa 4,00 euro a notte (senza la colazione ovviamente): non poteva andarmi meglio. Lascio lo zaino ed esco alla ricerca di dove mangiar qualcosa così mi fermo in un piccolo bar lungo il lago.

Alba a Saranghot

Ci sono un sacco di ristoranti e localini tutto intorno al lago ed è davvero delizioso, mancano solo le montagne, ancora. Mi raggiunge Pradeep e ci mettiamo d’accordo per affittare una moto ed andare l’indomani a Saranghot per vedere l’alba che dicono esser mozzafiato per la sua vista sul lago e sulla catena dell’Annapurna.

Partiamo alle 5:00 del mattino, alle 6:00 siamo lì ma alle 6:30 quando sorge il sole non possiamo che arrenderci alla realtà che nemmeno lì, nemmeno quel giorno sarei riuscita a vedere le montagne.

Peace Pagoda a Pokhara

Tornata in città faccio colazione e mi avvio al piccolo porto dove acquisto un passaggio in barca dall’altro lato del lago dove inizia la passeggiata fino alla Peace Pagoda, il mio primo trekking in Nepal!

Una signora sulla settantina mi accoglie, mi fa accomodare sulla sua barchetta di legno e rema, rema, arriviamo dall’altra parte. La camminata non è particolarmente lunga e in un’oretta scarsa sono in cima, seppur il dislivello abbia aumentato non di poco il grado di difficoltà. La vista da là su (seppur senza montagne) è meravigliosa.

Devil’s Fall a Pokhara

Il piano è di scendere dal lato opposto a piedi, costeggiare la montagna e tornar all’albergo, ma quando chiedo conferma di esser nella strada giusta ad un ragazzo in motorino, questo mi fa segno di salire e così in 10 minuti mi ritrovo a valle a Devi’s Fall. Mi aspettavo di arrivare ad una cascata ma una volta lì scopro esser il nome del paese così, un po’ delusa mi avvio sulla strada del ritorno.

Qualche chilometro dopo incontro una porta nella città e tanta gente che entra così decido di andar anch’io a vedere di che cosa mai ci sarà di così interessante: se tanta gente ci va, dev’esserci qualcosa di bello ed in effetti è proprio qui che trovo una delle cose che più mi ha emozionato in Nepal.

C’è, infatti, un tempio sotterraneo e una cascata. Quindi si, a Devi’s Fall c’è una cascata, solo che è sotterranea per quello non la vedevo. Dopo aver pagato l’ingresso mi metto in fila e comincia la discesa: si entra attraverso scale circondate da colonnati e statue in pietra, in un attimo siamo sotto terra. È buio e le luci sono soffuse, continuiamo a scendere dovendoci abbassare più volte per passare sotto dei varchi troppi bassi per passarci in piedi e l’atmosfera si fa sempre più magica. A metà c’è un tempio induista con le sue statue e la polvere di zafferano a colorarlo. Proseguiamo e poco più avanti siamo nel ventre nella terra con il rumore forte della cascata che rimbomba tutto intorno, l’acqua che gocciola dal soffitto e crea meravigliosi giochi luminosi sulla pietra.

Penso a chi, migliaia di anni fa, probabilmente milioni, è arrivato fino a qui e è rimasto come me oggi a bocca aperta di fronte alla potenza della natura: l’ha osservata con curiosità e timore, ci ha costruito un tempio del renderle omaggio. Turisti distratti scattano selfie improbabili per il buio troppo intenso e io mi ricavo un angolino tranquillo dove perdermi nei riflessi dell’acqua portata dalla cascata e riempirmi le orecchie del suo frastuono.

La prima esperienza di volo a Pokhara

Piano piano riprendo la strada e poco dopo sono in centro pronta per una doccia calda, la prima dopo giorni, andar a cena e il piano è quello di ripartire il giorno dopo per Kathmandu ed in seguito Giri, peccato che avessi sottovalutato Stefan!

È un ragazzo olandese, pilota di elicotteri, conosciuto tramite Couchsurfing con cui decidiamo di prender un caffè prima che io prenda l’autobus. Chiacchieriamo che è un piacere e nel giro di un’ora mi ha completamente sconvolto i piani e stiamo andando a raggiungere un suo amico pilota di parapendio che ci porterà per un volo test di un nuovo velivolo. Il mio massimo in quanto a volo è stato davvero breve e sulle dune del deserto in Namibia con l’omino sotto che mi rincorreva per prendermi quando fossi arrivata a terra, niente a che vedere con quello che mi stava aspettando.

È stato pazzesco anche se non avevo la minima intenzione di staccar le mani dei supporti in metallo che mi cingevano le spalle e ogni tanto una vocina nel mio cervello diceva “immagina se si spegne il motore”, ma la vista era così bella da là su che tutto il resto veniva dopo.

La sera mi sono trasferita a casa di Stefan e alla fine sono rimasta per tre notti: la prima del piacere, la seconda perché mi hanno rubato il telefono e la terza aspettando fiduciosa notizie sul suo ritrovamento.

  • la cascata sotterranea di Devi’s Fall

  • voto 5/5

  • le discriminazioni raziali di cui sono continuamente bersaglio

L’emozione provata alla cascata di Pokhara è una di quelle cose che quando si sentono, ti riempio il cuore, ti chiudono la boccano e accarezzano l’anima. Hai mai provato una sensazione simile?