Passo una notte terribile, mi sveglio di​ soprassalto con il rumore forse di una pompa dell’acqua e sono le 4:30.

Un brutto presentimento mi tormenta e non mi lascia riaddormentare. Ripenso alle parole della signora della casa particular a Trinidad quando mi raccontava di quella ragazza che si portò a casa un cubano e finì sola e senza soldi disperata dopo le lui le rubò tutto.

Chissà se il mio fidanzato cubano ha le stesse intenzioni con me. Se fosse così mi si spezzerebbe il cuore: ieri ci siamo raccontati un sacco di cose, mi ha spiegato di come in passato si é sentito offeso quando le straniere gli hanno offerto dei soldi. É complicato, lo capisco, ma non sopporterei di esser ingannata da lui dopo ieri sera. Non che questa storia duri più di tre giorni, ma vorrei fossero tre giorni puliti.

Domani dovremmo andare insieme due giorni al mare ma questo presentimento mi sta mangiando lo stomaco e non so davvero cosa fare. Alle 7.30 sono in piedi e avrei tanta voglia di prendere il mio zaino e scappare via per non dovergli spiegare che mi sono fatta prendere anch’io dai pregiudizi. Mi vergogno.

Invece decido di lavorare un po’ e prendere tempo così quando torno alla casa lo trovo li ad aspettarmi. Questa cosa di non aver i telefoni aiuta e complica insieme. Mi sorride, mi viene incontro e mi abbraccia felice facendomi sentire una stronza.

Così niente, si parte. Andiamo all’autobus per scoprire che non ci sono corse oggi così si avvicina ad un taxista e gli fa: “per 20CUC (circa 18,00 euro) ci porti alla spiaggia?” ma lui ne vuole 25. Così gli chiedo se avesse come pagare quei 18,00 euro. Lui ride “per noi cubani 20CUC sono un sacco di soldi, te lo abbiamo spiegato anche ieri a cena, ovvio che non c’è li ho” “si, come io ti ho spiegato che non posso spendere 18,00 euro per qualcosa che mi costa 1,00 euro”.

Optiamo allora per tornare alle 4:00 del mattino quando partono gli autobus locali risparmiando così sia una notte d’affitto che 18,00 euro di taxi che ci promettiamo di investire in un ristorantino sul mare al tramonto.

A questo punto é quindi evidente che avrei pagato tutto io e non é un grosso problema: la stanza per uno o per due costa uguale e metterci qualche euro in più di pullman e il cibo figurati, ma questo mi riporta a tutti i pensieri brutti della notte precedente. Alla fine, mi dico, se lui é con me non mi aumenteranno i prezzi delle cose quando me le vendono e probabilmente risparmierò comunque anche se mi lascia un po’ così il fatto che avesse dato per scontato che mi sarei preoccupata di pagare io. Chissà se con una cubana farebbe così… Vabbè.

Nel dubbio comunque lascio il mio zaino con tablet, documenti, varie ed eventuali alla casa e porto solo un paio di cose per il mare, che non si sa mai. Continuo a sentirmi una pessima persona per questi pensieri ma il mio istinto di sopravvivenza prevale sul senso di colpa.

All’autobus incontriamo un suo amico e io non parlo tutto il viaggio come mi ha chiesto lui, così che non sentano che sono straniera e gli lascio 100CUP per pagare (circa 4,00euro). Mi passa un pile che ha portato per me per proteggermi dal freddo e quando ci fermiamo mi prendere due mazzi di strane bacche e una specie dolce che ricorda le caramelle della mucca bianche e gialle ma ha la forma di una saponetta. Se c’é una cosa che gli va riconosciuta é che ha sempre un sacco di attenzioni per me e mi piace molto questa cosa, per una volta qualcuno si prende cura di me. Arriviamo é andiamo a far un giro in spiaggia dopo aver lasciato le cose in camera.

C’é un sacco di gente, ma proprio tanta con la differenza che da noi in Italia sono tutti in spiaggia ammassati e qui invece lo sono in acqua. Ci godiamo un po’ l’acqua fresca ma decidiamo di tornare per rifugiarci all’ombra in giardino. Guardiamo video, foto, continuiamo a condividere la nostra vita finché non é ora di pranzo così rientriamo a vestirci e gli chiedo:

“quanto ti é rimasto dei 100 che ti ho dato?”
“nada”
“come nada?”
“eh no, 75 di autobus…”
“perché 75? non erano 25 a persona..?”
“si ma ho pagato anche al mio amico”
“perché con i miei soldi ora offri le cose anche agli altri? Quei 25 ce li metti tu, sono molto seria”

Ora, non é per un euro ma per l’atteggiamento: che tu vada a far il figo pagando per gli altri, lasciando resti a destra e manca perché non sono soldi tuoi e tanto per me sono pochi non esiste. In quel momento mi ha umiliata davvero trattandomi da juma davanti agli altri, ma peggio come persona avendomi riempito di belle parole senza senso.

Me ne torno in giardino lasciandolo solo in camera. Torno dopo una mezz’ora e lui é lì che gioca con il cellulare “so che sei arrabbiata, mi dispiace ma…” “ma cosa? Dopo quello che ci siamo detti? Dopo che mi hai fatto fidare di te e avermi fatta sentir una stronza per aver dubitato di te”.

Fa la valigia e se ne va senza nemmeno un’altra parola e se pensa che lo rincorrerò pregandolo di restare ha proprio capito male. Mi sento una stupida: lo sapevo, lo sentivo e ho sbagliato coscientemente per non aver rimorsi sperando invece in una sorpresa.

La mia giornata trascorre triste in spiaggia mentre nelle nuvole cerco le risposte a tante domande. Che bisogno c’era di mentire sempre? Di insistere? Perché nessuno ha il coraggio di esser ciò che dice? Riuscirò mai a fidarmi di qualcuno dopo tutte queste balle?

Ceno con un filetto di pesce e vado a letto presto, al mattino voglio rientrare per ripartire e andar a farmi coccolare su una spiaggia tranquilla e pulita, assieme ad altri yumas. Ho bisogno di ricaricarmi prima di rimettermi a lottare per la mia uguaglianza.

Alle 4:30 sono in strada ad aspettare l’autobus, é buio, ci sono persone che non vedo e zanzare imbufalite che sento eccome! Nel fare la borsa vedo che mi ha lasciato il pile sulla sedia e si é dimenticato il caricatore del telefono nella presa.

Sono le 7:00 che arrivo a Camaguey e la casa é ancora chiusa, così decido di andar da lui per portargli le sue cose e dargli una possibilità di scusarsi per davvero. Lui dorme e chiedo aiuto ad una vicina per chiamarlo. Viene ad aprire con gli occhi gonfi, mi fa entrare senza sfiorarmi.

Si butta sul letto, mi da le spalle mentre traffica col cellulare.

“ho passato un viaggio orribile per colpa tua!”
“per colpa mia?!”
“si, tante scene per 25CUP, manco fossero 70dollari”
“va bene così.” Riprendo la mia borsa che avevo appena appoggiato sul comò “buona fortuna” dico uscendo senza degnarlo di uno sguardo.

Ora sono sicura di non essermi sbagliata e che in realtà é stato lui il primo ad aver ragione: “per quando ci si provi rimarrà un cubano succhia soldi e io una juma a cui prenderli”, per pochi che siano.

Torno alla casa dove ho realizzato che non mi hanno dato il resto quando ho pagato la stanza mettendomi in conto una notte in più. Non fossi tornata per lo zaino avrebbero fatto finta di nulla, fortuna erano amici di amici ma evidentemente anche per loro sono solo una juma.

Sono così stanca di esser discriminata, di esser quella diversa e capisco come si sentono tutti quelli che per un motivo o per un altro vengono trattati in modo diverso. Il razzismo é in due, quattro, mille sensi, chissà se avrà mai davvero una fine.

Quando si viaggia di storie se ne hanno sempre tante da raccontare, anche di piccoli e leggeri amori. Ah l’amore, che cosa sarà poi davvero?