45762890…
“Si?”
“Ciao…”
“…Ola”
“Sto per partire, volevo salutarti… Mi dispiace sia andata così, mi dispiace che l’ultima volta che ci siamo visti ci siamo mandati al diavolo. È brutto in questo modo…”

La sera si avvicina lenta a l’Avana, sono le 19:30 e c’è ancora luce. Sono attimi, istantanee veloci ma lui mi stringe la mano e a passo svelto mi porta al porto. Mi aveva raccontato che il suo posto preferito era proprio lì al tramonto quando il sole tingeva tutto di rosso col suo ultimo respiro. Corriamo per arrivare in tempo…

Mi sveglio, di nuovo. Sono due notti che lo sogno e due giorni che mi sento un macigno pesare nello stomaco. Ora che sono più distante e più fredda cerco di vedere oggettivamente quanto abbia esagerato e quanto fosse davvero tutto così nero in quel momento.

Ho un difetto molto grande, quello di non riuscire a lasciare le cose irrisolte. Ma proprio non mi di pace: che sia lavoro, amicizia o amore proprio non riesco a voltar le spalle e andarmene se una cosa non è chiara, definita, chiusa. E così ora me lo sogno cercando almeno lí di mettermi l’anima in pace.

Penso a quando sua mamma ha lasciato in caldo un piatto di spaghetti al pomodoro per entrambi, a quando lui mi cercava l’acqua in bottiglia perché non potevo bere quella del pozzo o mi tagliava la frutta e l’avocado mentre battevo le uova per la frittata. Lo vedo in calzoncini che passa lo straccio sul pavimento per aiutare sua madre, che mi prepara l’acqua per la doccia o che indossa quegli occhiali da sole da tamarro.

Sarei dovuta restare invece di mandarlo a quel Paese quando mi ha attaccato, avrei dovuto dirgli le mie ragioni, forse. Forse avrebbe abbassato i toni e sarei andata a prendere l’autobus per Varadero a cuor sereno invece di trovarmi qui oggi tutta crucciata senza sapere se la paura che mi stesse usando era reale o l’unica irragionevole causa di tutto questo casino. Perché quando abbiamo paura, basta un pretesto piccolo per scappare via.

Non ho nemmeno il suo numero per chiamarlo e sono troppo, troppo lontana per pensar di tornare a cercarlo sperando di vedere nei suoi occhi sollievo, invece che rabbia.

Tra poche ore il mio aereo partirà e lascerò Cuba ma un mio pezzettino di cuore rimarrà sempre qui incastrato con lui.

Ogni storia è un capitolo, ogni storia di viaggio è un corto che nasce, finisce ed è bello per questo. Il mio non ha una vera fine questa volta, rimarrà lì sospeso finché non sbiadirà o non succederà qualcosa in grado di riaprirlo.

Se fossi in una commedia americana lui ora arriverebbe qui mentre faccio la coda per il check-in, mi abbraccebbe e chiederebbe di non partire. Ma questa è la vita, quella vera non una commedia e lui probabilmente si starà addormentando odiandomi se era importante, ignorandomi se non lo era. Ed io non lo saprò mai ma una cosa ho imparato in tanti mesi di viaggio: la vita sa meglio di noi cosa sia giusto e quando, basta aver fiducia e tutto si metterà nel modo migliore. Se è andata così, doveva essere così.

Ciao mi chico de la caille, gracias per tutto il bello, perché se fa male è solo perchè ha fatto anche tanto bene. E il bene vale sempre la pena.

Quando si viaggia di storie se ne hanno sempre tante da raccontare, anche di piccoli e leggeri amori. Ah l’amore, che cosa sarà poi davvero?