Mdoya-Old-River-camp

Sono sdraiata nel grande letto matrimoniale della mia tenda al Camp di Mdoya Old River, nel parco di Ruaha in Tanzania e sento fuori le cicale accompagnare senza sosta i miei pensieri con il loro ritmo regolare e continuo.

Prima riflettevo sulla bellezza del silenzio che c’è qui, per poi rendermi conto dell’ingratitudine per questi piccoli insettini che fanno da sottofondo al ruggito del leone così come alle grida delle scimmie quando si rincorrono arrabbiate a due passi dalla tenda. Quando qualcosa è regolare e continuo tendiamo a dimenticarci che esiste, un po’ come l’amore di qualcuno, rendendoci conto della differenza solo quando viene a mancare.

Fuori è ancora notte e questa mattina è venuto il masai a svegliarmi prima dell’alba per un ultimo safari prima di saltare su un piccolo aereo che mi porterà a Zanzibar. Le candele accese rendono l’atmosfera così romantica che forse un anno fa l’avrei trovata quasi sprecata per me da sola, come se si dovessi per forza aver qualcuno accanto per goderla appieno.

La prima notte sono stata svegliata da un verso forte, strano è proprio a pochi metri da me. Ricordo di aver aperto un occhio e, rifugiandomi un po’ nella mia pigrizia e un po’ nella mia miopia, mi dissi: “sarà stato un elefante” per poi ripiombare nel sonno profondissimo che caratterizza le mie notti ormai da diversi mesi. Al mattino al tavolo della colazione erano tutti in fermento per il leone nel campo, bene, avevo proprio capito tutto.

La bellezza di questo posto sta nella sua completa immersione nella natura, nella convivenza pacifica con gli animali che, al solito, se non vengono disturbati difficilmente attaccano. A vegliare su di noi sempre lo sguardo attento dei masai: dalla tenda durante il giorno e la notte scortandoci in ogni spostamento armati di torcia. L’altra notte abbiamo incontrato un “fungo”, animale che assomiglia un po’ ad un incrocio tra una volpe, una faina e una puzzola ma che non saprei assolutamente come tradurre in italiano dallo swaili. Il masai giocava con lei con la luce e rideva, rideva tanto mentre io pensavo a chissà quante altre volte doveva esser già successo prima senza per questo fargli perdere l’entusiasmo.

Durante il primo pranzo al campo hanno sfilato accanto al tavolo quattro elefanti con il loro placido e solenne passo lento, la seconda sera non sono mancate le zebre e gli sciacalli e stessa cosa per la terza. Residenti fissi poi uccelli variopinti, le antilopi, scimmie e babbuini.
Perfino in bagno non sono rimasta da sola tra api tutte contente per l’acqua della mia doccia e un piccolo rospo sbucato da una piega sotto le tenda.

La sera poi rimaniamo in silenzio illuminati soltanto debolmente dalle braci del fuoco ancora rosse, mentre qualcuno si tiene per mano, qualcuno fuma una sigaretta ma tutti con lo sguardo fisso alle stelle che qui stanno a testa sotto.

Penso a come sarà diverso ora tornare in città, come sarà strano perdere le stelle, ritrovare rumori meccanici ed elettrici in quella che é chiamata la jungla urbana ma che é un mondo così incredibilmente diverso dalla jungla vera. Chissà perché poi l’avranno chiamata così.

In Africa ci sono molte riserve naturali, sicuramente è importante scegliere la più adatta per le nostre esigenze. Tu hai fatto un safari in Africa? Com’è andata?